mercoledì 12 luglio 2017

Recensione - Salve amici della notte, sono Porzia Romano di Rita Angelelli


Salve amici della notte, sono Porzia Romano
Rita Angelelli



Autostrada A14 - Notte - Una macchina sfreccia veloce verso Modena - Una donna alla guida - I suoi pensieri pesanti - Bui come la notte che li avvolgono- Cupi come le angosce dell'anima ferita

La notte è sempre troppo lunga per me, nonostante ami il buio e il silenzio, nonostante ci sia il cane a farmi compagnia. Spesso sto bene con me stessa. È quando si affollano i pensieri, che tutto fa rumore, persino il mio stesso respiro; il battito del cuore diventa un tonfo, un rumore cupo che detesto. E nel silenzio della notte... tutto è tutto e niente è niente. Ogni cosa si amplifica, il troppo diventa eccessivo e il niente diventa il vuoto.
In un racconto che dura una notte, negli stralci di un diario e un’intervista radiofonica non programmata, la protagonista si racconta, denunciando una mala sanità e le sofferenze fisiche e psicologiche che ha dovuto subire negli anni.

In un racconto che dura una notte, negli stralci di un diario e un’intervista radiofonica non programmata, la protagonista si racconta, denunciando una mala sanità e le sofferenze fisiche e psicologiche che ha dovuto subire negli anni.


Prefazione 

Sono in viaggio. Uno dei miei soliti, purtroppo. Un viaggio che aggiunge nuova sofferenza a quello che già mi porto dentro. Ho passato anni bui alla rincorsa di una vita migliore e mi sono trovata ad affrontare da sola un sacco di imprevisti. Eppure qualcosa ho imparato. Ho imparato a fuggire dalle aspettative, non servono a un cazzo. Ho imparato che, se vuoi il bene, devi per prima cosa volerti bene.


Un viaggio verso l'ospedale di Modena per un controllo; un viaggio fra i pensieri di Anonima, la donna alla guida dell'auto. Un viaggio fra le sue paure e i suoi tormenti che trovano voce di notte, grazie a una casualità.
Anonima è stanca e ha voglia di musica per non addormentarsi alla guida. Accende l'autoradio e sintonizza la frequenza su una stazione che non conosce.  È radio Femme e stanno  trasmettendo gli Spandau Ballet. Le piacciono. 
In onda c'è Porzia Romano e quello strano nome la incuriosisce.
La dj continua a parlare : «Questa sera il nostro argomento è la femminilità. Cosa fate, donne, per essere il più femminili possibile? Chiamatemi e fateci sapere».
 Un altro pezzo. Mario Biondi con Girl, un brano di quelli che ti fanno venir voglia di cantare e ballare. Lo conosco alla perfezione, l’ho usato come sottofondo del booktrailer di un mio racconto. Canto. E intanto macino chilometri.

Anonima si ferma, ha bisogno di caffeina. Quando risale in auto decide di chiamare Porzia Romano e le racconta di sé, delle sue paure che le pesano dentro come macigni e la schiacciano, soffocandola. Le racconta del dolore che è diventato compagno della sua vita, e della tragedia che l'ha investita per colpa di un chirurgo che ha deturpato il suo corpo. Lei si era fidata di lui e lui l'aveva rovinata per sempre.
Un nuovo episodio di malasanità; un nuovo episodio di indifferenza e di insensibilità. Un chirurgo che non si rende nemmeno conto che la deturpazione più grave è stata e resterà quella dell'anima di una donna, della sua femminilità, del suo sentirsi sessualmente desiderabile. Questo è un dolore che nessuna medicina e nessun intervento potrà lenire, ma in molti non riescono a comprenderlo. Un chirurgo non può. La dottoressa di Modena sì. Lei comprende, lei sa.
Anonima si sfoga con Porzia, che l'ascolta con un'attenzione speciale e rara e, con lei, parlare diventa facile. Nello spazio di una notte Anonima riesce a dare voce alle parole che ha sempre nascosto dentro di sé e che l'avvelenavano. Si mette a nudo grazie al buio e al non nome con il quale si è presentata. Riesce, in questo modo, a estraniarsi da se stessa e a parlare di sé e del suo doloroso e lunghissimo calvario. 
Vomita il dolore, la frustrazione, la rabbia, la speranza, la delusione. Vomita tutto quello che ha dentro e quelle parole pesanti e dolorose faranno parte integrante di un altro viaggio intrapreso quella notte: quello che le farà ritrovare la sua identità.

"Chiudo la porta di quella stanza che si trova nella mia memoria e la faccio divenire cenere, grigia come la falena, senza bellezza, senza colore e senza calore."

Mi piace lo stile senza fronzoli della Angelelli. Ci sono storie che vanno raccontate così come sono, senza intermediazioni linguistiche o stilistiche. Il dolore è dolore e non può essere reso meno crudo. Le parole hanno un peso enorme e Rita Angelelli lo sa. È per questo che le usa con parsimonia e scegliendole con cura.

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