sabato 13 agosto 2016

Parliamo di

SCRITTORI O SCRIVENTI? 
QUESTIONE DI ETICA

L’etica è una branca della Filosofia che studia i fondamenti razionali, che permettono di assegnare ai comportamenti umani uno status deontologico, ovvero distinguerli in buoni, giusti e leciti, rispetto a comportamenti ritenuti esattamente il contrario di quelli citati. 
Il metro usato per misurare tali comportamenti è, spesso, un ideale modello comportamentale. 
Quando l’etica incontra un particolare tipo di professione, diventa “etica professionale”. Con questo termine intendiamo l’insieme delle condizioni e delle norme morali che regolano l’esercizio di una specifica professione e che sono considerate, dalla società, come universalmente vincolanti per coloro che la esercitano.
Chi ama scrivere, spesso, pensa che essere “uno scrittore” equivalga a essere un figlio prediletto del cielo, dotato di una capacità che manca a molti altri: L’utilizzo creativo della parola scritta, e dimentica che la scrittura è, soprattutto, una  vera professione. 
Quando chi scrive definisce se stesso “scrittore", inquadra la sua attività all’interno di una categoria ben definita, che  racchiude chi esercita la professione della scrittura. 
Se ci si sofferma a pensare a quanto appena asserito, una domanda dovrebbe sorgere spontanea: “Lo scrittore, quale appartenente a una categoria professionale ben identificata, deve rispettare uno specifico Codice etico? 
E se la risposta è affermativa, quali dovrebbero essere le regole comportamentali che lo stesso è obbligato a seguire? Qual è la deontologia professionale da rispettare, per far sì che i suoi fini e i suoi mezzi siano sempre strettamente dipendenti gli uni dagli altri? Se qualcuno di voi lettori si prendesse la briga di fare una ricerca in rete, scoprirebbe che non esiste un Codice etico ufficiale dello scrittore. Forse non esiste nemmeno quello ufficioso. Eppure, chi ha la pretesa di farsi definire “scrittore”, dovrebbe  assoggettarsi, senza alcuna trasgressione, a poche, basilari e “sacre” regole:
  1. Lo scrittore osserva e rispetta la lingua italiana;
  2. Lo scrittore conosce la grammatica italiana;
  3. Lo scrittore padroneggia l’uso della punteggiatura;
  4. Lo scrittore conosce la tecnica narrativa;
  5. Lo scrittore sa cos’è  la struttura narrativa;
  6. Lo scrittore sa cos’è una cartella editoriale;
  7. Lo scrittore presenta i suoi scritti impaginati correttamente.
Se chi leggendo queste riflessioni, pensa di non doversi soffermare un solo minuto in più sul mio scritto, o è già un vero scrittore, o è un semplice scrivente. Lo scrivente scrive per se stesso e non ha obblighi o doveri cui assoggettarsi. Lo scrittore, invece, senza che nessuno glielo ricordi, sa, soprattutto, che la regola più importante da seguire è quella che lo obbliga a rispettare sempre e comunque il "potenziale lettore". 
Chi legge i nostri scritti ha il diritto di farlo divertendosi; ha il diritto di criticarci; ha il diritto di leggere storie scritte in maniera corretta; ha il diritto di leggere storie “tecnicamente credibili”.
Chi legge i nostri scritti ha, soprattutto, il diritto di scegliere la categoria alla quale apparteniamo. Sarà lui a decidere se siamo scriventi o scrittori. E non mi sembra cosa da poco.



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