Ero l'amante di Rodin. Vita vissuta di Camille Claudel
Di Annalisa Fabbri
Edito da Capponi Editore 2023
Sono stata invitata ad assistere a uno spettacolo teatrale. Il 9 novembre 2024, alle 21:00, presso il Teatro Sala Fellini di Faenza, verrà portato in scena “Sakuntala - La passione di Camille Claudel è il conflitto con Rodin” Regia di Demian Aprea e Ilaria Sartini, testo di Gennaro Francione con il riadattamento di Demian Aprea. Fonti e ispirazioni tratte dal romanzo di Annalisa Fabbri, edito da Capponi editore nel 2023 “Ero l’amante di Rodin. Vita vissuta di Camille Claudel.”
Per partecipare come spettatrice “informata” ho deciso di documentarmi e di conoscere Camille Claudel e la sua tormentata storia d’amore e professionale con August Rodin, il celeberrimo scultore di cui tutti abbiamo sentito parlare almeno una volta nella vita. Di Camille no. In quanti possono dire di aver letto il suo nome annoverato fra quelli dei “grandi scultori”, durante gli anni in cui si è studiata la storia dell’arte a scuola?
La scelta sul romanzo da leggere non poteva divergere dal testo citato quale fonte di ispirazione nella locandina dello spettacolo teatrale. Non conoscevo Annalisa Fabbri e non avevo ancora letto nulla di suo, pertanto mi sono avvicinata con cautela alla lettura del romanzo “storico” scritto da quella che è risultata essere, poi, una delle più belle penne emergenti del panorama letterario italiano, soprattutto nel campo del romanzo storico o, meglio ancora, delle biografie storiche.
Scrivere una storia realmente accaduta in prima persona è una scelta azzardata ma assolutamente necessaria, sotto molti punti di vista. L’autore rischia di far diventare il personaggio troppo “romanzato” e di dimenticare la persona che è stata realmente, di farla parlare attraverso le proprie emozioni e le proprie percezioni, snaturando, in qualche modo, la vera personalità e la storia narrata. Annalisa Fabbri non ha commesso questo errore e, come un esperto chirurgo, ha usato ogni parola come una lama affilata e precisa, rendendo a Camille la grandezza e il genio che in molti, in troppi, le hanno negato, primi di tutti sua madre e suo fratello. La storia di Camille Claudel è terribile e crudele, è la storia di una donna che ha sbagliato l’epoca in cui è nata, una donna che verrà ricordata, per volere di coloro che ne decretarono la fine sia come donna che come artista, principalmente come “l’amante di Rodin”.
Nella quarta di copertina si può leggere una frase bellissima “E se un giorno l’illustre Rodin fosse ricordato come l’amante di Camille Claudel, la grande scultrice? Be’, quel giorno sarebbe proprio un bel giorno”.
Annalisa Fabbri ha un grande talento nello scrivere biografie romanzate, e con il suo romanzo è riuscita nell’intento.
Camille aveva avuto la sfortuna di non nascere uomo in una società maschilista e gretta, dove le donne non erano riconosciute come grandi artiste e, tantomeno, come donne libere, capaci di autodeterminarsi e capaci anche di contrastare le regole sociali e morali del tempo. Camille conosce il “non amore” di una madre bigotta e anaffettiva che non capirà mai la grandezza di una figlia che doveva nascere del sesso opposto. Anche il nome che le viene dato è emblematico: “Camille” non identifica veramente il genere sessuale di appartenenza, e la fa restare sempre ai margini all’interno della famiglia dove, solo un padre illuminato e moderno, riconosce e apprezza il grande dono della figlia e fa di tutto per farle realizzare il sogno di diventare una scultrice.
La madre le preannuncia una vita di sciagura, e sarà lei stessa a far sì che la sciagura si abbatta su Camille, appoggiata da Paul, il fratello tanto amato.
L’autrice ci fa entrare nel rapporto con Auguste Rodin, di ventiquattro anni più grande, del quale lei diventa la musa ispiratrice, oltre che amante. Quello che li lega è principalmente la passione per l’arte che condividono, ma anche una passione tormentata e dolorosa, lacerante e conflittuale. L’immagine di Rodin è quella di un uomo egoista, di un uomo incapace di lasciare la donna con cui vive e incapace di amare davvero, con profondità. Annalisa Fabbri ci rende una Camille che, seppur innamorata, è freddamente consapevole dell’egoismo di Rodin e ci dà di lui l’immagine di un uomo pronto tutto, il grande scultore che rubava le idee di Camille, che si serviva delle mani della grande scultrice per forgiare opere che lui non sarebbe mai stato capace di creare con la stessa “potenza”, con la stessa forza espressiva.
Da una mano le donava e dall’altra le toglieva. Rodin la sostenne sempre, anche economicamente quando fu rinchiusa in manicomio, ma, contemporaneamente, usava senza scrupoli le opere da lei realizzate. Camille paga duramente le scelte fatte durante tutta la sua vita. È coerente fino alla fine, la Camille che ci viene donata da Annalisa Fabbri. Una donna libera, dal carattere fortissimo; una donna sempre lineare e coerente nelle scelte professionali e personali. Un genio artistico indiscusso, una passione che coltiva con forza e determinazione rinunciando a tutto, a volte rinunciando anche a se stessa.
«Era scultrice con tutto il proprio essere e non sarebbe mai stata nient’altro. La scultura era la sua origine e la sua fonte di vita. Quando non plasmava, cessava di esistere»
Purtroppo, però Camille era nata nell’Ottocento, un periodo storico nel quale una donna non sarebbe mai riuscita a farsi accettare in un mondo maschile, dove una donna anticonformista era da raddrizzare, riportare sulla retta via e, ovviamente, la retta via era solo quella del matrimonio.
Camille, la forte Camille, la libera Camille è stata la vittima di una società maschilista e bigotta, una società intrisa di cattolicesimo pregno di sensi di colpa, che approfitta della prima occasione giusta per colpire il bersaglio e per far sì che la colpa di cui Camille si era macchiata – essere l’amante di un uomo che aveva una “moglie” e un figlio – fosse in qualche modo messa a tacere. Poco dopo la morte del padre, forse la persona che l’aveva amata veramente senza limiti, Camille venne rinchiusa in manicomio, dove morì dopo trent’anni. Una vita intera, sono trent’anni.La madre non volle rivederla mai più e suo fratello le faceva visita sporadicamente.
Camille muore sola. Al suo funerale non partecipa nessuno e i suoi resti finiscono in una fossa comune. La grande Camille Claudel, la più grande scultrice di tutti i tempi, conosce una fine ingloriosa, una fine che lei stessa, in una lettera del 1915, rimprovera al fratello Paul: «Mio caro Paul, ho scritto molte volte alla mamma, a Parigi, a Villeneuve, senza riuscire a ottenere una parola di risposta. E anche tu, che sei venuto a trovarmi alla fine di maggio e ti avevo fatto promettere di occuparti di me e di non lasciarmi in un tale abbandono. Com’è possibile che da allora tu non mi abbia scritto una sola volta e non sia più tornato a trovarmi? Credi che mi diverta a passare così i mesi, gli anni, senza nessuna notizia, senza nessuna speranza! Da dove viene tale ferocia? Come fate a voltarvi dall’altra parte? Vorrei proprio saperlo».
Oggi Camille è considerata una delle più straordinarie artiste vissute tra Otto e Novecento, ma con molto dolore empatico, dopo aver scoperto la sua storia di donna, unita a quella dell’artista, mi viene da ripetere una delle ultime frasi scritte da Annalisa Fabbri: “Troppo tardi, Monsieur Rodin”.