venerdì 16 ottobre 2015

RECENSIAMO





Tiffany è una bella trentenne, giornalista, che vive a Bologna. Un giorno riceve sul suo smartphone un inquietante messaggio, accompagnato da una sua foto,  che la ritrae di spalle, nuda. Si tratta di lei, senza alcun dubbio, è riconoscibile da un tatuaggio, un’iris, alla base della schiena. Ma chi le ha scattato quella  foto? Non sarà quello l’unico messaggio del genere e la ragazza, dapprima inquieta, poi sempre più curiosa di conoscere l’identità del misterioso stalker, si metterà a indagare per risalire all’autore di quelle foto che la fanno sembrare così bella, così sensuale… Inizia così il romanzo erotico scritto da Roberta Andres, scrittrice abruzzese ( abita a Pescara), che, con questo lavoro dimostra di essere un’abile narratrice e anche un’esperta tessitrice di storie che hanno il sapore di “mistero” e che poi si rivelano piene d’amore, appena accennato, ma narrato in maniera magistrale.
Il romanzo di Roberta Andres inizia in questo modo

Tiffany usciva frettolosamente dalla redazione del quotidiano in cui lavorava da quattro anni, le braccia ingombre di pacchetti e di buste di varie dimensioni, la borsa del computer a tracolla: era andata a fare shopping nella pausa pranzo, in vista del prossimo matrimonio del padre. Era il tramonto; di solito non finiva mai di lavorare così presto, ma quella sera era riuscita a chiudere gli articoli prima del solito e già pregustava una serata in solitario relax a casa coi gatti, stesa sul divano davanti alla televisione in compagnia di una pizza da asporto, una porzione di patatine fritte e una panna cotta ai frutti di bosco.
Quando il telefono vibrò nella tasca si confuse un momento rischiando di inciampare, cercò di liberare una mano dai pacchetti per prenderlo e controllare chi fosse, poi imprecò tra i denti dandosi dell’imbecille, per la sua mania di essere sempre reperibile e disponibile per tutto e tutti, che le causava attacchi d’ansia quelle rare volte che non riusciva a esserlo! Respirando profondamente decise di aspettare almeno di essere in automobile, seduta comodamente, prima di leggere il messaggio che era arrivato, anche perché sarebbe stato quasi impossibile farlo, a meno di sedersi sui gradini del palazzo e spargere la quantità di oggetti che aveva in mano per terra intorno a sé, rischiando di far inciampare i colleghi che uscivano e dando un ben strano spettacolo ai passanti!
Era tipico del carattere di Tiffany correre alla velocità del mondo che le turbinava intorno, inseguirlo senza mai riuscire a imporre un tempo suo proprio e a “staccare”, assecondando le proprie esigenze e i propri ritmi. Forse proprio per questa sua maledetta tendenza era finita a lavorare nella redazione di un quotidiano, dove i tempi di lavoro erano velocissimi, la vita privata veniva messa da tutti in secondo piano e si correva all’impazzata, inseguendo l’ultima notizia, il titolo, l’informazione necessaria a chiudere la pagina. Lei lavorava alla Cultura, dove gli eventi erano per lo più programmati e routinari, il lavoro più riflessivo di quanto non avvenisse per la Cronaca, ma comunque viveva molte ore della sua giornata, da anni, in un ambiente in cui fare le cose con calma era considerato impensabile e anche un po’ colpevole!
Rimuginando si diresse verso l’automobile parcheggiata poco lontano, sforzandosi di non accelerare i passi sul selciato; era una sfida con se stessa, una di quelle che si imponeva almeno una volta al giorno da quando aveva capito quanto questa sua caratteristica la facesse soffrire e non servisse a nulla se non a diventare succube di tanti che, incontrati lungo il cammino, ne avevano approfittato.
Dopo aver frugato nella borsa in cerca delle chiavi della macchina, per una manciata di secondi che le sembrarono lunghissimi, mentre il telefono continuava a “cinguettare” una volta al minuto, riuscì a trovare le chiavi, aprì lo sportello e piombò sul sedile, lanciando pacchi, pacchetti e buste su quello laterale. Finalmente!
Rimestò nella tasca del giaccone e tirò fuori lo smartphone che lampeggiava: messaggio, numero sconosciuto!
Una frazione di secondi per leggerne il testo: www.****.it. Niente altro, sullo schermo, che un indirizzo del web. Incuriosita cercò subito di connettersi ma, accidenti!, era senza credito e il wireless della redazione era troppo lontano. Per un attimo le balenò l’idea di tornare in ufficio, ma poi riflettendo tirò nuovamente un lungo respiro e si disse ad alta voce, col tono di chi impartisce una lezione:
“Ho finito la mia giornata di lavoro, sto tornando a casa, non c’è niente di così urgente che debba farmi cambiare programma!”

Così conosciamo Tiffany e, pagina dopo pagina ci immergiamo in una storia che sa di giallo, di suspence, di intrigo e, quasi senza accorgercene, veniamo catapultati in un’atmosfera “finemente erotica”, che non sfocia mai nel volgare o nello scontato. Tiffany ci accompagna lungo le strade di Bologna, alla ricerca della persona che le ha scattato, chissà quando, delle foto bellissime, sensuali, passionali. La sua curiosità diventa la nostra curiosità e, fino alla fine, ci chiediamo, così come fa lei, chi è stato a scattarle quelle foto e quando lo ha fatto. Ce lo chiederemo fino alla conclusione del racconto che, chissà perché, dà l’impressione che non si concluda sul serio con l’ultima parola scritta. Ci sarà un seguito? Noi lo speriamo.   











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